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BESLAN: STANNO ACCENDENDO I MOTORI DELLA MACCHINA DEL FANGO

Fra qualche settimana si commemoreranno i vent’anni della disumana strage dei Bambini – la strage di Beslan.

Il 1° settembre del 2004, il primo giorno di scuola, un gruppo di 32 terroristi ingusci e arabo-ceceni presero in ostaggio circa 1.400 persone fra bambini, famigliari, insegnanti della scuola n. 1 della, sino ad allora sconosciuta, cittadina caucasica di Beslan nella Repubblica dell’Ossezia del Nord – Alania della Federazione Russa.

Per tre giorni, senza cibo ed acqua, gli ostaggi furono tenuti nella piccola palestra della scuola fra violenze fisiche e psicologiche inenarrabili.

La Russia, allora debole e governata da amministrazioni repubblicane, regionali e locali sul modello “el’ciniano” (arricchitevi e governate come volete), tentò una mediazione con personalità politiche tra cui l’ex presidente della Repubblica di Inguscezia Aushev e sociali come Leonid Roshal, un pediatra diventato famoso dopo l’attentato alla Dubrovka.

Immediatamente divenne chiara la matrice.

Shamil Basaev, “vicino” ai servizi angloamericani, aveva il compito, negli anni del terrorismo e della guerra di Cecenia, di fondare un Califfato nel Caucaso russo (il primo “esperimento” dell’ISIS) e di scatenare una guerra etnica e religiosa tra le numerose nazionalità del Caucaso russo, con lo scopo di frantumare l’unità statuale della Russia ed indebolirla mortalmente.

L’epilogo fu drammaticamente sanguinoso. Le bombe dei terroristi nella palestra, gli spari dei terroristi contro le forze speciali russe ed il fuoco di risposta di queste ultime provocarono uno tragico ed immenso spargimento di sangue: 333 le vittime, di cui 186 bambini. Oltre 800 persone rimasero ferite o permanentemente invalide.

La catastrofe fu sconfinata ed ancora brucia sulla pelle dei sopravvissuti e sull’intera società russa. Ma nella parte “democratica” del mondo, nel “giardino” europeo, dopo una sentita e vera partecipazione popolare alla tragedia, da parte delle “fonti autorevoli” dell’informazione si iniziò subito ad istillare il dubbio.

Non appena gli echi della solidarietà umana scomparvero, immediatamente la disinformazione trasformò subito la Russia da vittima a responsabile e carnefice. Questa “narrazione” va avanti da 20 anni ed ha raggiunto la sua apoteosi nella scandalosa sentenza della Corte di giustizia europea di Strasburgo del 2017.

La motivazione della sentenza della Corte: la Russia non prese nessuna misura per prevenire l’attacco terroristico e superò i limiti dell’uso della forza durante il rilascio degli ostaggi.

Cioè sarebbe come incolpare gli Stati Uniti per non aver impedito gli attentati dell’11 settembre, la Francia per non aver impedito l’attentato al Bataclan, l’Italia per non aver impedito quanto accaduto a Piazza Fontana, alla Loggia, all’Italicus, all’Itavia, alla strage di Bologna, all’omicidio di Aldo Moro … Per quanto riguarda l’uso della forza poi, sarebbe logico aspettarsi che gli Stati Uniti vengano incolpati per i casi di uccisioni di afroamericani da parte della polizia. Ma a parte queste considerazioni surreali, colpisce come la sentenza della Corte non abbia mai menzionato i terroristi …. come se non fossero mai esistiti.

La tragedia di Beslan non deve essere dimenticata e la nostra Associazione fu l’unica realtà del volontariato non russa al mondo a portare aiuto immediato. Ne seguì un progetto di sostegno psicologico con il contributo scientifico di un’equipe di psicologhe dell’emergenza dell’università di Padova che per cinque anni, a Beslan, svilupparono un nostro progetto di aiuto psicologico, il trattamento del DPTS, per i bambini sopravvissuti e per la popolazione locale.

Per non dimenticare ogni anno ed in tutte le occasioni possibili la nostra Associazione fa del ricordo della tragedia una delle sue azioni prioritarie.

Ma nello scenario degradato dall’Occidente dei rapporti internazionali, dell’imperante russofobia e delle azioni di guerra ibrida delle “democrazie” occidentali nei confronti della Russia, il ricordo che hanno le persone comuni di quel fatto deve essere assolutamente modificato piegandolo, violentandolo agli interessi politici e geostrategici dell’Occidente.

Ed in questo il sistema dell’ “informazione” assume un ruolo insostituibile. Già qualche cenno alla tragedia è uscito sulla stampa nazionale. Già si scaldano i motori del racconto che, come ormai da anni, non entrerà nel merito degli avvenimenti, non racconterà i fatti, non narrerà le vite, le tragedie dei coinvolti, i drammi delle azioni del terrorismo internazionale, ma servirà unicamente a demonizzare, criminalizzare, infangare ancora una volta la Russia, il suo popolo e la sua dirigenza.

Noi che abbiamo vissuto quella tragedia in prima persona, che abbiamo aiutato le vittime ed i superstiti nell’immediatezza dei fatti ed in tutti questi anni sino ad oggi, rispondiamo ricordando e raccontando.

Denunciamo a piena voce le strumentalizzazioni, la negazione dei fatti accaduti, la “sbiancatura” politica degli eventi, la violenza delle accuse gratuite sulla pelle dei bambini morti una seconda volta; temiamo questo come preparazione psicologica del popolo italiano alla vera e terribile guerra alla Russia che molti, troppi in Europa stanno da tempo preparando contro la volontà della gente comune.

La verità su Beslan è soprattutto necessaria oggi anche per questo: per rendersi conto di quanto sarebbe vitale avere un’informazione libera, democratica, non militarizzata dalla NATO. Sarebbe, ma non è.

Per sapere, capire, avere gli strumenti per comprendere appieno i fatti. Farsi una propria opinione scevra da condizionamenti.

Beslan dovrebbe essere raccontata, ricordata, per aiutare tutti a riflettere, per ritrovare una comune pietas ed una umanità, da questa parte del mondo, sempre più evaporata.

Tutti noi dovremmo esprimere il massimo rispetto per la straziata comunità di Beslan, per il popolo russo violentato da migliaia di attentati terroristici. In ogni momento ed in ogni occasione.

Beslan ha patito disperatamente anche per noi, perché il terrorismo non prevalesse, perché i nostri figli e i figli del mondo potessero vivere in pace.

Per questo ricordare Beslan è un compito capitale.

Senza strumentalizzazioni, senza politicizzazioni, senza infangare i morti ed offendere i vivi.