Dopo qualche settimana di complicazioni burocratiche, finalmente il reparto di Neonatologia dell’ospedale n.2 di Mariupol’, grazie al nostro partner la “Missione umanitaria russa”, ha finalmente ricevuto le prime attrezzature acquistate dalla nostra Associazione.
Di queste le culle, di un’azienda italiana leader a livello mondiale, sono ancora in viaggio e arriveranno a Mariupol nella seconda metà del prossimo mese di maggio.
Il partner e il Primario del reparto, la dottoressa Svetlana N. Bunakova, che già aveva incontrato il nostro inviato per il filmato di presentazione del progetto dello scorso 31 gennaio https://www.aasib.org/abbiamo-incontrato-i-medici-del-reparto-di-neonatologia-di-mariupol.html ha espresso la più viva riconoscenza alla nostra Associazione ed ai donatori italiani per il vitale dono alla città.
Mariupol, come tutte le altre città del Donbass dove per fortuna non è più in atto alcun scontro militare, sta rinascendo ma ha bisogno di tutto l’aiuto possibile.
La storia della nostra Associazione sin alla sua nascita è intrecciata con le pagine più amare e drammatiche della storia dei popoli dell’ex URSS. La crisi epocale dell’implosione dell’Unione sovietica con i suoi drammi sociali, con le centinaia di migliaia di bambini abbandonati e la pediatria disintegrata, il terrorismo che ha imperversato la Russia negli anni 2000, la guerra in Ossezia del Sud, dal 2014 in Donbass ed oggi in Ucraina ci hanno visto essere sempre attivamente presenti e lasciare un profondo segno solidale di concreto aiuto ai bambini ed alle popolazioni loro malgrado coinvolte.
La pediatra russa dal 2001 ad oggi, i bambini profughi dall’Ossezia del Sud, Beslan, Volgograd, il Donbass il nostro sforzo umanitario che continua grazie alla Bella Italia che invia aiuti e non armi.
Mariupol’ la nuova, importante, pagina della nostra storia e della vita di quei bambini che nasceranno sani fra le braccia delle loro mamme serene e seguite con ogni possibile attrezzature moderna che permetterà loro di partitore in piena sicurezza.
E’ il nostro dono di Pace per una popolazione stremata da una guerra imposta da un occidente che ha perso qualsiasi lume della regione e senso dell’umanità.
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Riportiamo alcuni passi del racconto del Primario di Neonatologia che aiutiamo, protagonista della tragedia della sua città
L’ospedale n.2 di Mariupol’ ha visto la guerra da vicino. E’ stato colpito in più punti. La vicinanza alla “famosa” “Azovstali” – meno di un chilometro. E’ comunque una delle poche istituzioni sanitarie di Mariupol’ che è sopravvissuta alla tragedia della città quasi rasa al suolo. Qui lavora da molti anni Svetlana Bunakova Primario di Neonatologia E qui è il luogo del nostro progetto “Facciamo ri-nascere Mariupol’ “
Il reparto di Neonatologia è attualmente l’unico di Mariupol e la sua area di attività copre tutti gli insediamenti da Berdjansk a Donezk. Qui i medici fanno nascere circa 100-120 bambini al mese.
Svetlana Nikolaevna racconta ….
“Alla fine di febbraio del 2022, quando i bombardamenti hanno iniziato a colpire la nostra struttura, siamo scesi tutti nel seminterrato del reparto maternità. Ci siamo rimasti fino al 15 aprile.
Nei locali angusti ricavati nel seminterrato siamo riusciti a sopravvivere noi medici con i nostri familiari, i lavoratori del reparto e le persone a noi vicine. Per quanto riguarda i medici, c’eravamo io, un anestesista, tre ostetriche e due neonatologi.
Dal 24 febbraio al 15 aprile abbiamo fatto nascere in quelle condizioni 27 bambini! L’ultimo è stato il 14 aprile. Siamo rimasti chiusi dentro per un giorno, due, tre – non c’era più nessuno in giro. Poi all’improvviso, alle due di notte, hanno bussato: una voce “mi si sono rotte le acque” … Ho chiesto: “Da dove venite?”. La donna risponde: “Non siamo lontani, siamo in una cantina qui vicino”.
Le allora autorità cittadine ci avevano detto: “Niente panico”. Tutta la città è rimasta qui, i posti di blocco erano chiusi ed a nessuno è stato permesso di uscire.
Oltre alle donne incinte e alle partorienti, avevo pazienti dal Centro perinatale del distretto Illichivskij di Mariupol. Il 25 febbraio mi hanno chiamato per dirmi che non c’era più elettricità. Hanno chiesto di portare via tutti. Le donne dopo le operazioni ginecologiche sono state portate in ambulanza. Ricordo che l’8 marzo c’erano 170 persone. L’ospedale ha 80 letti. Durante il periodo ucraino tutto è stato ridotto e poi ridotto … Ci hanno ridotto a 80 letti ma 17 anni fa, quando sono venuta a lavorare qui, ce n’erano 140″.
Ma il suo reparto dall’inizio di marzo (2022) ha accolto anche civili feriti perché l’ospedale n 4, a settecento metri di distanza, era stato pesantemente bombardato i quanto occupato dal Battaglione “Azov”. Molti feriti erano molto gravi. I medici hanno fatto il possibile, qualcuno è stato portato in altre strutture aperte.
Molte le persone che hanno aiutato volontariamente, vivevano nelle case vicine e si nascondevano nel seminterrato come tutti allora. Per tutto marzo (2022) hanno rifornito l’ospedale di acqua potabile.
Continua a raccontare “Per diciannove giorni nessuno si è presentato alla nostra porta. L’intensità dei bombardamenti era tale che non potevamo andare da nessuna parte. Stavamo finendo l’acqua potabile. Grazie a Dio avevamo un idrante nel piazzale. Lo abbiamo aperto e abbiamo attinto l’acqua da lì. In linea di principio potevamo berla bollita. Il problema era però che alcuni bambini, soprattutto quelli prematuri, erano alimentati con latte artificiale. E con quest’acqua il latte cagliava senza bollirlo. Era il mio incubo. L’acqua in bottiglia stava finendo. Non sapevo cosa dare da mangiare ai bambini.
Io e i miei colleghi abbiamo cercato di filtrare l’acqua dell’idrante attraverso il carbone attivo, senza molto successo. Stavamo anche finendo il cibo. E nella Maternità c’erano ben 170 persone. Ma abbiamo trovato una via d’uscita. Alla fine tutti, senza eccezioni, hanno mangiato tre pasti al giorno. Nessuno ha sofferto la fame”.
“Il 9 marzo quattro donne incinte gravemente ferite sono state portate da noi dal reparto maternità dell’ospedale n 3 del centro città. C’era stata una grande esplosione e metà dell’edificio era stato distrutto …
Le abbiamo salvarle tutte. Una in situazioni drammatiche – Viktorija, 37 anni, aveva una ferita penetrante all’addome. Il femore e la tibia frantumati erano state “sistemate” nell’ospedale n 3 ma le schegge che aveva nell’addome non erano state rimosse.
La donna gravemente ferita, con una pressione sanguigna di 70 / 20 e un polso debole, stava semplicemente perdendo conoscenza. Doveva essere operata d’urgenza e non c’era luce. Il generatore non poteva essere acceso, stavano sparando così tanto che non riuscivano a raggiungerlo. Non c’era nemmeno acqua. Ho detto ai miei colleghi che dovevamo operare comunque. O si operava o moriva.
Sotto i proiettili, la bombola di ossigeno è stata portata fuori dalla stanza sul retro e collegata ad un respiratore per anestesia. Il tavolo operatorio non era stato possibile portarlo nel rifugio e l’operazione è stata eseguita su una barella. Ho eseguito l’operazione senza infermieri: sono stata aiutata da una ragazza della reception …
Un’ecografia aveva rivelato che il bambino era morto. Non c’erano donazioni di sangue o di plasma per l’operazione. Fu stabilito che il gruppo sanguigno di Viktorija era B-positivo. Anch’io sono di quel gruppo. Ho donato il mio sangue e nonostante la massiccia perdita la donna è sopravvissuta. Riuscii persino a salvarle l’utero. Non avevo mai visto ferite del genere”.
“La nostra famiglia ha perso tutto”.
DONA PER LA DEFINIRE POSITIVAMENTE IL PROGETTO